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Il 1965 è stato il miglior anno nella storia della musica? (Spoiler: sì.)


Correva l’anno 1965: nel Vietnam del Nord avevano inizio i bombardamenti degli americani, a New York veniva assassinato Malcolm X e nei nostri televisori veniva trasmessa la prima edizione dei Giochi senza frontiere. Eppure oggi non vorrei parlare della guerra in Vietnam, né dell’omicidio di Malcolm X o dei pur molto appassionanti Giochi senza frontiere quanto piuttosto di un altro argomento che pur avendo forse una minor influenza socio-culturale sembra possedere ugualmente il potere di riuscire, in un modo o nell’altro, a condizionare il percorso di crescita personale di ognuno di noi, a farci riscoprire le nostre emozioni e forse perfino ad avere un impatto sul nostro stesso modo di pensare: la musica.

Permettetemi di fare una piccola premessa: sono la classica persona a cui, quando pongono domande del tipo “chi è il tuo cantante preferito?” o “qual è la canzone che preferisci in assoluto” non sa letteralmente cosa rispondere e non perché non abbia dei gusti personali (saranno pessimi ma li ho!) quanto piuttosto per il fatto che ogni volta nella mia mente vengo sovrastato da una sovrabbondanza di titoli e di nomi d’artisti che mi rendono impossibile trovare un’unica risposta alle fatidiche domande di cui sopra. Eppure non sarebbe altrettanto difficile da parte mia individuare un anno nella storia della musica che a mio modesto avviso ha brillato più degli altri per la ricchezza di talento espressa e per il contributo artistico garantito alla propria epoca: il 1965. Ovviamente sarebbe ingenuo da parte mia pensare che l’estro individuale dipenda solamente dalla stagione in cui un artista si ritrova ad agire, eppure ritengo che esistano periodi della musica in cui un’inedita miscela di entusiasmo, originalità e desiderio di cambiamento sociale ha condotto gli artisti di ogni parte del mondo a una prolificità senza precedenti ed è esattamente su questo che oggi, nel mio piccolo, vorrei provare a riflettere …

Il 65, dicevamo: un anno che se lo hai vissuto non puoi in alcun modo scordarlo. Come dimenticare, ad esempio Like a Rolling Stone di Bob Dylan, il brano che forse più di tutti ha rivelato ad un’intera generazione quanto futili fossero le priorità che essa si stava ponendo e quali invece dovevano essere i valori su cui basare la propria integrità; come dimenticare My Generation degli Who con il suo indimenticabile Riff iniziale e col celebre desiderio di Pete Townshend di “morire prima di diventare vecchio” (desiderio non esaudito, fortunatamente.) Come non ricordare, a costo di essere banale, i capolavori dei Beatles In My life, Help! e soprattutto Yesterday, espressioni di un anno particolarmente lieto per i membri della band di Liverpool al termine del quale vennero perfino nominati dalla Regina esponenti del “British Empire.” E ancora, non posso fare a meno di citare People Get Ready degli Impressions, con la sua spiccata contaminazione soul e la sua ancor più spiccata carica di protesta e d’indignazione; In The Midnight Hour scritta da Wilson Pickett in quello storico Lorraine Motel di Memphis dove poco meno di tre anni dopo sarebbe stato ucciso un altro simbolo dell’America di quegli anni, Martin Luther King; You've Lost That Lovin' Feelin' dei Righteous Brothers, che negli anni a venire sarebbe divenuta la canzone più trasmessa in radio nella storia del XX secolo; The Tracks Of My Tears dei Miracles interpretata dalla voce acuta e sognante di Smokey Robinson; Papas Got a Brand New Bag con la quale James Brown avrebbe rivoluzionato una volta per tutte gli assetti ritmici e melodici della musica leggera; The Sounds Of Silence il brano di Simon & Garfunkel che forse meglio di qualunque altro ha saputo raccontare la grottesca incapacità comunicativa dell’uomo contemporaneo (teoricamente venne composto nel 64 ma la sua pubblicazione risale comunque all’anno successivo); I Can't Get No Satisfaction dei Rolling Stones: probabilmente la più grande canzone rock mai scritta al mondo, di certo la più iconica. Beh direi che se dimenticassimo anche solo uno di questi o dei tanti altri pezzi pubblicati in quei febbrili giorni commetteremmo un’atrocità artistica imperdonabile, eppure tutti questi capolavori non si sono limitati a farci capire cosa significasse il termine “genialità” ma hanno posto le basi per qualcosa di molto più profondo: le basi per giungere all’autentico desiderio di far sentire la propria voce (non solo in senso metaforico) distinguendosi dai cliché dominanti tra i propri colleghi o dall’omologazione del gusto estetico e tutto questo non ha garantito solo un presente radioso ma perfino un futuro fiorente. Ciò che sto cercando di dire è che il 1965 non va ricordato solamente per i suoi “frutti musicali” ma per i semi che avrebbe posto nel mondo dell’arte e che sarebbero di lì a poco germogliati: nel giro di pochi mesi tra Hannover, Londra e Venice Beach vennero fondati gli Scorpions, i Pink Floyd e i Doors e immagino sarebbe superfluo provare a sintetizzare quello che sarebbe stato il loro impatto creativo negli anni a venire o la quantità di pezzi incredibili con cui ciascuno di loro ci avrebbe presto deliziato.

Insomma si direbbe che in quel fortunato 65 tutto ciò che poteva andare nel verso giusto è andato esattamente come doveva: gli astri si sono allineati e gli dei della musica hanno deciso di farci (più di) qualche regalo che noi oggi accogliamo con profonda gratitudine. Ora suppongo sia il momento della nostalgia: il momento in cui rimpiangere i bei tempi andati e chiederci perché mai il panorama musicale odierno non risulta altrettanto vario e produttivo, eppure … sinceramente non ho intenzione di dare adito a banalità di questo tipo. Il punto è che dovremmo smetterla di guardare al passato come ad uno strumento per screditare il presente: dovremmo smetterla di dire che un periodo storico era unico ed indimenticabile (e il 65 lo è stato … eccome se lo è stato!) solo con lo scopo di sottendere che il periodo che stiamo vivendo adesso fa schifo, e più in generale dovremmo smetterla di fare paragoni tra epoche e contesti che tra loro sembrano c’entrare meno di zero. Ricordare o rendere omaggio ai grandi maestri del passato e ai loro brani può solleticare i nostri ricordi più piacevoli e può indubbiamente servirci da ispirazione ma tutto questo non deve portarci a guardare al presente sotto una luce grigia e malinconica, diversamente vorrebbe dire che forse da quei grandi cantautori che tanto calorosamente continuiamo a lodare abbiamo imparato veramente poco.

Adriano Gentile.






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