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I 5 libri più interessanti dell'anno

Aggiornamento: 6 feb 2023


Breve ma doverosa premessa: questa non è una classifica. Con questo articolo non intendo esaltare alcuni romanzi a dispetto di altri né tantomeno provare a stabilire un criterio oggettivo per valutare la bellezza e la profondità dei vari manoscritti: il mio unico obiettivo, in effetti, è discutere di cinque opere che per profondità di contenuti e accuratezza stilistica meritano di non passare inosservati ed è esattamente quello che spero di fare oggi. Perciò … iniziamo!

- I venti di sabbia- Kristin Hannah. Pubblicato in Italia nel mese di Marzo, “I venti di sabbia” racconta con struggente sensibilità l’epopea di una donna colpita in prima persona dagli effetti della grande depressione, della disoccupazione e della siccità diffusa in diverse aree del Texas nella prima metà degli anni 30. Elsa Martinelli, questo il nome della protagonista, decide dunque di abbandonare la propria terra natale emigrando ad Ovest verso la California salvo ritrovarvi una terra assai più ostile e assai meno idilliaca di quanto non avesse inizialmente osato sperare. Fin dalla trama questo romanzo non può far a meno che ricordare “Furore” di Steinbeck, pur ovviamente con tutte le inevitabili differenze tra due opere scritte ad oltre ottant’anni di distanza tra loro; rispetto al premio Nobel californiano la Hannah non gode ovviamente di una conoscenza diretta dell’epoca e dei contesti sociali raccontati né della stessa precisione semantica nel descrivere i campi o le piantagioni del sud degli Stati Uniti, eppure a tutto ciò compensa attraverso la capacità di rileggere temi tutt’ora attualissimi quali il disagio economico e l’immigrazione tramite lo sguardo di una protagonista femminile ben lontana dai personaggi maschili tipici dei romanzieri nordamericana degli anni 30 ma al tempo stesso forse proprio per questo in grado di dimostrare quella forza d’animo, quel senso d’indipendenza e tutte quelle virtù proprie delle donne maggiormente stoiche; virtù che inevitabilmente rendono incredibilmente affascinante la figura di Elsa Martinelli e incredibilmente coinvolgente l’intera storia.

- Le mattine al Caffè Rostand- Ismail Kadaré. È possibile sentirsi irrimediabilmente attratti da un luogo e al tempo stesso associarvi tutti i ricordi più cupi della propria esistenza? Si direbbe proprio di sì a giudicare dall’ultima fatica letteraria di Ismail Kadaré. Condividendo le proprie memorie con una franchezza e forse perfino con un’intimità più accentuata rispetto ai suoi precedenti romanzi, lo scrittore albanese finisce col raccontare gli anni in cui è stato sostanzialmente esiliato dalla sua terra natia e costretto a trasferirsi a Parigi. Nel farlo però egli non si limita a descrivere le ingiustizie o le contraddizioni del suo Paese e degli anni più bui della sua storia ma ne racconta soprattutto gli aspetti più curiosi, interessanti e folkloristici aiutandoci a scoprire una terra sulle cui usanze abbiamo ancora molto da imparare. Al tempo stesso la nostalgia di Kadaré non si declina nell’autocommiserazione e nel vittimismo quanto piuttosto nel desiderio di partire dalla propria esperienza personale per rivolgere un accorato pensiero a tutti gli artisti e a tutte le minoranze (incluse le donne) che in qualche modo sono vittime di persecuzioni o di discriminazioni da parte dei propri governi. A rendere il tutto ancor più interessante non può mancare la descrizione del Caffè Rostand: ultimo rifugio di Ismail Kadaré nel quale ritrova l’emblema stesso di un mondo intellettuale fervente di creatività e talento; in esso il romanziere riscopre una sorta di seconda casa nonché una nuova opportunità per provare ad essere felice con le armi dell’arte e della cultura. Dalla passione per il Macbeth di Shakespeare a un inedito interesse per le opere di Sciascia, il maestro della letteratura albanese ci rivela con tono leggero e a tratti addirittura colloquiale ognuno dei propri segreti gusti letterari: proprio tali passaggi dell’opera tuttavia, se da un lato contribuiscono a renderla ben più intrigante e ad incuriosire sempre di più il lettore, dall’altro la rendono difficilmente comprensibile per chiunque non dovesse godere a priori di un adeguato background culturale. In altre parole è un libro fortemente consigliato a tutti … tranne a chi intende leggere un libro per la prima volta in vita sua.

- La città di vapore- Carlos Ruiz Zafón. Sarò sincera: è estremamente difficile commentare l’opera di uno scrittore scomparso da così poco tempo e riuscire ugualmente a esprimere un giudizio distaccato e imparziale senza lasciarsi in alcun modo coinvolgere dalle proprie emozioni. La città di vapore è il capolavoro di Carlos Ruiz Zafón? Probabilmente no. Raggiunge le vette letterarie de “L’ombra del vento” o di altre opere del romanziere catalano? A mio modesto avviso, ancora una volta, no. La città di vapore è piuttosto una raccolta di racconti molto eterogenei tra cui alcuni risultano decisamente meglio riusciti di altri; eppure … credo fosse doveroso inserirla in questa “classifica”. Non tuttavia, come potrebbe supporre qualcuno, per un senso di gratitudine nei confronti del suo autore o per le emozioni che in passato ci ha regalato tramite la sua penna, quanto perché essa riesce ad arricchire in modo definitivo l’universo letterario di Ruiz Zafón offrendo contemporaneamente una sintesi e una preziosa eredità del suo lavoro. Dal cimitero dimenticato agli edifici eccentrici e grotteschi; dalla città di Barcellona a Costantinopoli; dagli anni in cui lo scrittore era solo un bambino ai giorni nostri tutto in questo libro contribuisce a ricordarci ciò che ha reso il proprio autore così speciale: ce lo ricordano la natura bizzarra dei suoi personaggi, ce lo ricordano le atmosfere inquietanti e talvolta un po’ cupe delle sue ambientazioni, le allusioni a Cervantes, a Gaudì e ad altri artisti che quand’era in vita Ruiz Zafón deve aver amato particolarmente; ce lo ricordano i dialoghi volutamente scarni e privi di mellifluità, ce lo ricordano quei continui momenti in cui realtà e fantasia s’intrecciano tra loro fin quasi ad arrivare a confondersi. Insomma in ogni pagina di quest’opera tutto ci spinge a riflettere su quanto grande sia stato l’uomo che l’ha scritta e questo, in definitiva, ci costringe anche a rimpiangere il fatto che non ne scriverà di altre.

- Heaven-Mieko Kawakami. Se quella che state cercando è una storia in grado di offrire una prospettiva completamente inedita sul mondo giovanile moderno, probabilmente Heaven è quello che fa per voi. Occhi storti, il cui nome non viene mai specificato per tutta la durata del romanzo, è un ragazzo timido, molto dolce e tristemente strabico; a causa di quest’ultimo difetto viene costretto a subire tremende vessazioni e atti di bullismo d’inaudita crudeltà dai suoi compagni il tutto mentre la madre, malgrado il proprio affetto per il figlio, non sembra appieno riuscire a comprenderne la portata o la natura del suo disagio. La storia del protagonista, con il progressivo scorrere delle pagine, s’intreccia tuttavia con quella di una ragazza dalla natura forse più determinata ma non per questo meno sofferente; il suo nome è Kojima, appartiene a un ceto sociale poco abbiente e proprio come occhi storti rimane vittima dei suoi coetanei a causa del suo aspetto mascolino e della propria scarsa igiene personale. I due intrecciano un rapporto di amicizia epistolare in grado di andare oltre le proprie differenze e di far loro scoprire un senso di tenerezza che forse neppure essi stessi credevano di possedere. Gli eventi raccontati si svolgono a inizio anni 90, nell’epoca in cui s’iniziava per la prima volta a discutere ad alta voce e a prendere finalmente atto di una piaga che, al contrario, era già diffusa da diversi decenni nelle scuole giapponesi: il bullismo. Ad ogni modo ancor più che l’intreccio narrativo ad essere interessante è la chiave di lettura filosofica che Mieko Kawakami sembra offrire servendosi dei due sfortunati adolescenti: più andiamo avanti col racconto, più apprendiamo con grande sorpresa che essi non sono terrorizzati tanto dalle umiliazioni che i propri compagni potrebbero infliggergli quanto dal fatto di essere prima o poi destinati, per sottrarsi ad esse, a rinunciare irreversibilmente alla propria natura. Il ragazzo dagli occhi storti infatti potrebbe benissimo sottoporsi a un intervento per correggere il proprio difetto estetico così come Kojima potrebbe facilmente omologarsi ai costumi e alle abitudini dei propri compagni di classe eppure nessuno dei due opta per questa strada e non per una sorta di perverso istinto masochistico quanto perché ormai, nonostante la giovane età, sembrano aver già imparato ad accettare il dolore come parte integrante della vita e a preferire di gran lunga le violenze cui vengono sottoposti ad un’ancor più dolora rinuncia al proprio modo di essere. A tutto ciò fa poi da contorno il nichilismo del bullo Momose, necessario per comprendere il punto di vista degli “antagonisti” di questo romanzo e per lasciar intuire quanto un adolescente possa arrivare ad essere consapevole della propria crudeltà e al tempo stesso ad infischiarsene; Momose non è l’emblema della superficialità o della noncuranza quanto piuttosto il simbolo di tutti coloro che pur comprendendo la gravità della proprie azioni si rifiutano ugualmente di sentirsene in colpa. Con Heaven Mieko Kawakami ha raggiunto in tutto il mondo un successo di pubblico e di critica perfino superiore al suo già acclamatissimo “Seni e uova” e leggendo le pagine di questo libro, a dirla tutta, credo anche di aver capito perché.

- Gelosia-Jo Nesbø. Lo ammetto, fin dalla più tenera età non mi sono mai potuta definire un’amante del Crime, pertanto se inserisco un libro di Jo Nesbø in questa classifica vuol dire che l’ecclettico artista norvegese questa volta deve aver fatto davvero un ottimo lavoro! Dopo aver lavorato con alterne fortune come broker, giornalista freelance, calciatore, musicista e perfino come attore, sembrerebbe proprio che Nesbø abbia trovato nella scrittura la sua naturale vocazione riuscendo con quest’opera ad intrecciare tematiche di assoluta attualità (il Covid su tutte) con sentimenti ben radicati nella tradizione letteraria scandinava come il desiderio di vendetta, l’ossessione e, ovviamente, un perturbante senso di gelosia. Pubblicata in Italia con l’Einaudi questa breve raccolta di racconti ha fin da subito ottenuto un grande successo di pubblico, eppure a differenza delle altre opere dell’autore, altrettanto valide sul piano commerciale ma forse meno impattanti su quello emotivo, questa volta Jo Nesbø sembra essere riuscito a indagare con maggiore scrupolosità i meandri della mente umana rivelandone tormenti e perversioni alle quali in passato era riuscito solamente ad accennare ma mai ad approfondire realmente. Particolarmente ben riuscito risulta essere “gelosia”, il racconto da cui lo stesso libro prende il nome e con cui l’autore sembra voler dimostrare ai suoi detrattori che il fatto di avviare tardivamente una carriera non preclude affatto la possibilità di diventare bravi nel proprio mestiere; o per dirlo in modo più banale, sembra dimostrarci che è meglio tardi che mai.

Beatrice Villa


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