top of page

Huayna Capac: storia dell'imperatore che rese grandi gli Inca.



Fu il decimo sovrano della dinastia del Cuzco, il più abile in battaglia, il più longevo dopo suo nonno Pachacútec e probabilmente l’unico in grado di evitare la colonizzazione spagnola del Sudamerica nonché la conseguente fine dell’impero Inca, se solo non fosse morto prima: il suo nome era Tito Cusi Huallpa, ma tutti lo conoscevano come Huayna Capac, il “giovane poderoso.” Coerentemente col suo soprannome, fin da subito il futuro sovrano dimostrò un carisma e una determinazione senza pari, al punto che perfino il suo illustre nonno Pachacùtec giunse a prediligerlo su decine di altri nipoti permettendogli d’assistere, malgrado la tenera età, a numerose riunioni tradizionalmente riservate all’élite aristocratica dell’impero.

Fu così che alla morte del nonno ed al transitorio regno di suo padre Túpac Yupanqui (morto a soli quarantacinque anni in circostanze misteriose) apparve quasi scontato che il giovane Huayna Capac dovesse assumere le redini del comando. Purtroppo però una tumultuosa congiura dinastica sconvolse i palazzi della capitale dal momento che due sorelle appartenenti alla dinastia di Capac Ayllo, Curi e Chiqui Ocllo, ordirono un complotto affinché come nuovo imperatore venisse designato Capac Huari, figlio di quest’ultima e dell’ormai defunto sovrano. A rendere particolarmente insidiosa tale minaccia, oltre al fatto che entrambe discendevano da una delle più importanti e rispettate famiglie dell’impero, vi era anche il forte sospetto che prima di morire Túpac Yupanqui avesse effettivamente designato Capac Huari come suo successore, salvo venire a mancare prima di aver ufficializzato tale decisione. A salvare Huayna fu soltanto il provvidenziale intervento di sua madre, la quale mobilitò in tempi rapidissimi alcuni tra i più influenti aristocratici dell’epoca formando un’autentica fazione disposta a sostenere il figlio, la quale ebbe la meglio.



Curi e Chiqui vennero giustiziate con la pretestuosa accusa di aver avvelenato Túpac, Capac Huari venne internato in un palazzo appartenuto a suo padre e Huayna poté finalmente salire al trono, sebbene a causa della giovane età gli vennero imposti due tutori, suo zio Guaman Acachi e il figlio del prozio, Apoc Gualpaya. Quest’ultimo era un diretto discendente della Socso panaca, la dinastia che aveva detenuto il potere fino alla fine del XIV secolo, e sebbene fossero passati ormai settantacinque anni da quando l’ultimo dei suoi progenitori avesse abdicato l’esperienza a corte ravvivò il suo ego al punto da spingerlo a coltivare il nostalgico desiderio di recuperare il potere perduto; egli era fisicamente menomato e dunque inidoneo a salire al trono, ma nulla impediva al suo rampollo di ottenere l’ambita corona, a condizione ovviamente che prima ci si liberasse di Huayna Capac.



Per raggiungere tale scopo Apoc elaborò un complesso piano di usurpazione basato sulla ricerca del consenso all’interno di ogni provincia dell’impero e sulla conseguente richiesta d’invio delle armi necessarie per compiere l’operazione, il tutto mantenendo ovviamente la massima segretezza al punto da ordinare ai suoi fedeli di mostrarsi sempre in pubblico disarmati fino al momento del fatidico golpe. Il suo progetto sarebbe stato probabilmente destinato a realizzarsi se non fosse stato per un singolare e sfortunato episodio: un gruppo di scanzonati ladri locali assaltò una carovana rubando i cesti che essa stava trasportando, convinti che contenessero piante di coca; una volta aperta la refurtiva tuttavia, scoprirono con grande sorpresa che essi contenevano solamente armi e per paura di trovarsi invischiati in un gioco più grande di loro decisero di denunciare tutto alle autorità. La notizia giunse a Guaman Achachi che dopo una breve indagine riuscì a intuire cosa stesse accadendo ed avvertì dell’incombente minaccia il sovrano, il quale proprio in quel momento si trovava nel palazzo dei Gualpaya dove i suoi nemici avevano intenzione di assassinarlo. Huayna non ebbe altra scelta se non quella di scappare da una finestra, i suoi traditori avrebbero voluto inseguirlo ma prima che ciò potesse accadere Guaman Achachi sopraggiunse alla testa di un’intrepida scorta: vi fu uno scontro sanguinoso ma alla fine le truppe realiste riuscirono a prevalere ed i partecipanti alla congiura vennero quasi tutti uccisi.

L’imperatore era nuovamente al sicuro, tuttavia non poteva certamente ignorare il fatto di aver sfiorato per la seconda volta in pochi anni la destituzione e attribuì il clima di instabilità nato nel suo regno al fatto di non poter usufruire appieno dei propri poteri: da quel momento decise pertanto di rinunciare a qualunque reggente, malgrado la fedeltà di zio Guaman venne ugualmente ricompensata affidandogli il comando delle armate settentrionali; l’imperatore organizzò una nuova cerimonia d’incoronazione, quasi come per sottolineare l’inizio di una seconda fase del suo regno, inoltre accentrò su di sé i poteri precedentemente appartenuti al Gran Sacerdote dell’impero, una carica che decise di destituire a causa del sospetto coinvolgimento del clero con il tentato colpo di stato.

Il modo migliore per dimostrare ai propri sudditi il suo valore, tuttavia, non era quello di attribuirsi nuovi incarichi ma di compiere nuove imprese: Huayna Capac ne era ben consapevole al punto che presto coltivò la sempre più pressante ambizione di estendere il proprio dominio militare lungo l’altipiano andino, un’ambizione che probabilmente avrebbe concretizzato fin da giovane se solo Mama Ocllo, spaventata dalla prospettiva di un nuovo colpo di stato, non lo avesse costretto a giurarle di rinunciare a qualunque velleità espansionistica fino a quando lei non fosse morta. Fu così che durante la sua giovinezza il sovrano non si allontanò dalla capitale se non per questioni del tutto improcrastinabili, quando tuttavia l’amata madre venne a mancare egli non ebbe più alcun motivo per indugiare a corte e iniziò a pianificare una campagna militare contro gli indigeni cileni che si sarebbe conclusa trionfalmente, rivelando le sue doti di stratega e permettendogli di estendere il dominio degli inca fino ai confini delle selvagge giungle amazzoniche; egli costruì inoltre un’imponente fortezza a Chiriguanas con lo scopo di proteggersi dalle scorribande aborigene, sebbene non ebbe neppure il tempo di godersi quest’ultima fatica prima che le simultanee rivolte dei Cayambe, dei Carangue, dei Pasto e degli Huancabilica lo costringessero a partire per le ostili frontiere settentrionali.



Inizialmente la nuova campagna militare si rivelò particolarmente fortunata permettendo alle truppe imperiali di avanzare lungo la sierra ecuadoregna, di espugnare le principali fortezze nemiche e di vincere grandi battaglie navali contro gli isolani di La Puña. Tuttavia mentre la stagione delle conquiste del sud si era contraddistinta per una generica arrendevolezza degli avversari, disposti ad accontentarsi di una resa onorevole pur di avere salva la vita, il nuovo corso di conflitti si rivelò assai più sanguinoso dal momento che le truppe ribelli palesarono un’evidente riluttanza alla sconfitta riuscendo perfino a coalizzarsi con i popoli limitrofi al fine di respingere l’invasore. Fu così che quando la guerra giunse a ridosso di Carangui l’esercito ribelle aveva ormai acquisito un numero sufficiente di uomini e di armamenti per non lasciarsi cingere d’assedio ma per affrontare il nemico in una battaglia in campo aperto, una battaglia che per gli Inca si rivelò disastrosa: le truppe di Cuzco vennero costrette ad una confusa ritirata durante la quale la portantina di Huayna Capac venne rovesciata e circondata dai nemici. Il sovrano sarebbe probabilmente stato ucciso o fatto prigioniero se non fosse stato per il provvidenziale intervento di un manipolo di esperti capitani che gli ritagliarono miracolosamente una via di fuga.

Furibondo per la sconfitta, l’imperatore decise di vendicarsi con l’esercito dimezzandone le razioni alimentari e incrementando le misure punitive, due decisioni che vennero contestate dai suoi ufficiali in quanto ritenute ingiuste ed eccessivamente severe, soprattutto in considerazione dei sacrifici compiuti dai soldati durante gli anni precedenti. Il generale Mihi, leader indiscusso degli insorti, radunò così le truppe e concesse loro di ritornare a casa dopo l’estenuante campagna bellica. La contromossa di Huayna Capac fu però altrettanto repentina: impugnando l’effigie di sua madre, amatissima dai propri sudditi, raggiunse il suo esercito e ricordò loro il giuramento di fedeltà, promettendo che le misure punitive sarebbero state revocate con effetto immediato e chiedendo ai suoi comandanti di perdonarlo in nome di Mama Ocllo; i suoi uomini accolsero l’invito a fare dietrofront e tornarono al quartier generale, fu così che perfino molti anni dopo la propria morte la madre del sovrano era ancora una volta riuscita a salvare suo figlio.



La ritrovata armonia venne celebrata con sontuosi banchetti e con appaganti festeggiamenti ma non trascorse molto tempo prima che Huayna iniziasse ad architettare nuovi ingegnosi piani per riuscire finalmente a prendere Carangui. Il primo di questi tentativi venne affidato a suo fratello Auqui Toma, il quale combattendo in prima linea riuscì a conquistare quattro dei cinque baluardi della fortezza nemica prima di essere ucciso mentre stava tentando di impossessarsi dell’ultimo: la morte gettò nel panico l’intero esercito inducendolo ad una sconfitta alla quale ben pochi uomini sopravvissero. Appresa la notizia, l’imperatore decise di assumere personalmente l’iniziativa dividendo l’esercito in tre unità e guidando la più corposa di queste con lo scopo dapprima di far terra bruciata nella contrada ed in seguito di simulare una ritirata per spingere il nemico ad inseguirlo: la tattica funzionò poiché mentre le truppe ribelli incalzavano l’esercito imperiale, le due distaccate unità di quest’ultimo occuparono la fortezza, nel frattempo rimasta indifesa; l’aspetto più curioso però è che tali reggimenti erano capitanati da quello stesso Mihi che fino a pochi mesi prima avrebbe voluto porre fine alla guerra tramite la diserzione e che adesso invece si ritrovò a concluderla piantando lo stendardo imperiale nella roccaforte appena conquistata. I Cayambe e i loro alleati tentarono di rifugiarsi nelle lagune circostanti ma vennero indistintamente uccisi, al punto che da quel giorno le acque della laguna divennero note come “Yaguar Cocha”, mare di sangue. Il dominio Inca nella regione venne ripristinato, i nuovi confini dell’impero vennero ora delimitati solo dal fiume Ancasmayo e, ad eccezione di una manciata di tribù insofferenti alle loro leggi (tutte celermente massacrate) nessuno osò opporre nuovamente resistenza al loro predominio.



Per l’impero iniziò una breve ma intensa età dell’oro contraddistinta dalla costruzione di fastosi palazzi e di templi portentosi, eppure i giorni felici non erano destinati a durare per sempre, fu così che nelle ande si diffuse rapidamente un’epidemia di vaiolo che avrebbe di lì a poco contagiato anche l’imperatore. Malgrado questi avesse sperimentato sulla sua pelle quanto nociva potesse rivelarsi una successione confusionaria e violenta, durante la sua giovinezza egli aveva sempre procrastinato la scelta di un erede decidendo d’affrontare l’argomento solamente quando la sua ora era ormai irrimediabilmente vicina. Secondo le cronache dell’epoca egli aveva messo alla luce circa cento figli maschi, ma la maggior parte di questi erano frutto di storie clandestine se non addirittura di amplessi consumati nelle notti in cui aveva trangugiato bevande alcoliche a volontà (egli diceva di dover bere non solo per sé, ma anche per chi non poteva permetterselo); inoltre Huayna non aveva mai sposato la donna di cui maggiormente si fidava, sua sorella Mama Coca, la quale malgrado le minacce di essere data in moglie ad un governatore anziano e rivoltante se solo avesse osato respingerlo, rifiutò ugualmente la proposta di matrimonio del fratello preferendo chiudersi in un convento delle vergini del sole e costringendo Huayna a “ripiegare” sulla sorellastra Rahua. Ad ogni modo, alla fine la scelta del successore ricadde su Ninan Cuyuchi, probabile figlio della prima moglie Cusirimay (su questo le fonti storiografiche appaiono incerte) ed all’epoca dei fatti ancora un bambino; prima di salire al trono però, questi contrasse a sua volta il vaiolo morendo a distanza di pochi giorni e costringendo i dignitari a chiedere nuovamente a Huayna di nominare il suo erede, questa volta la scelta ricadde su Huáscar, da lui concepito con Rahua, a condizione, sottolineò il sovrano, che le predizioni si rivelassero benevole; i rituali che ne seguirono diedero dei presagi decisamente nefasti ma quando i dignitari si recarono per l’ennesima volta al capezzale del loro amato sovrano non trovarono che un corpo senza vita e decisero così di nominare Huáscar come nuovo imperatore. Questi condusse gli Inca ad una violenta guerra civile durante la quale fu sconfitto, imprigionato e ucciso dal fratellastro Atahualpa, il quale nel frattempo venne a sua volta imprigionato e ucciso dagli spagnoli decretando, di fatto, la fine della dinastia e dell’impero. In molti si sono interrogati su come Huayna Capac avrebbe fronteggiato l’imminente invasione dei conquistadores: egli era infatti un sovrano attento a non sottovalutare alcuna minaccia ed è pressoché certo che non avrebbe mai affrontato un tanto insidioso pericolo con la stessa abulia manifestata dai suoi successori; le prime incursioni spagnole lungo le coste del Pacifico, durante il regno del “giovane poderoso” si erano infatti rivelate del tutto inconcludenti al punto da spingere i comandanti iberici ad ammettere che se l’imperatore fosse rimasto in vita loro sarebbero stati sconfitti e uccisi; come sappiamo però, la storia andò diversamente e nel giro di pochi anni Francisco Pizarro giunse a Cuzco cancellando gran parte dell’eredità e dei retaggi lasciati al mondo da uno degli imperi più prosperi ed affascinanti della storia dell’umanità. I nefasti presagi si erano rivelati corretti.

Germano Spada.



Comments


bottom of page